CO2

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INTRODUZIONE
L’anidride carbonica è il principale gas serra connesso alle attività umane. La concentrazione di CO2 nell’atmosfera è il risultato di un delicato equilibrio fra i processi che aggiungono CO2 e quelli che la sottraggono. Durante gli ultimi 150 anni l’utilizzo dei combustibili fossili, la deforestazione e gli incendi boschivi hanno immesso nell’atmosfera quantità sempre maggiori di CO2. Attualmente la deforestazione immette 2 * 10 9 t di carbonio all’anno nell’atmosfera.

I boschi, le biomasse agricole e, quindi, anche i residui vegetali delle coltivazioni, possono essere definiti ‘pozzi di assorbimento di carbonio”, definiti in tal modo perché assolvono al difficile compito di segregare il diossido di carbonio in eccesso nell’atmosfera. Essi rientrano nella definizione di ‘carbon sink’, cioè “attività, processi, o meccanismi di rimozione di biossido di carbonio (CO2) dall’atmosfera”, secondo le indicazioni dell’UNFCCC dell’ONU.

Al contrario, se, per qualche ragione ignota, questi tessuti organici che fungono da accumulatori vengono violentemente distrutti, mediante combustione, è facile comprendere che rilasceranno nell’atmosfera una notevole quantità di uno dei più potenti gas serra, con tutti gli effetti nefasti che derivano da questo evento.

Le emissioni di diossido di carbonio derivano dai combustibili fossili impiegati per i trasporti – quindi dal traffico veicolare – dal riscaldamento domestico e dalla bruciatura delle stoppie, nelle attività agricole.

Considerando che, a causa delle limitazioni della mobilità determinate dalla pandemia da SARS-CoV-2, il traffico veicolare, da marzo 2020 si è notevolmente ridotto, la gran parte della concentrazione di anidride carbonica deriva dalla bruciatura dei residui vegetali e dal riscaldamento domestico in ambiente urbano, sottoposto a monitoraggio e controllo degli impianti domestici con disposizioni comunali.

Si ricorda che, in particolari condizioni meteorologiche e in assenza di vento, a causa dell’inversione termica al suolo, si può verificare un pericoloso accumulo di inquinanti, soprattutto dovuto all’aria che, dai versanti delle montagne, si accumula nel fondovalle. Il centro urbano di Avellino, si trova, appunto, in questa condizione, che favorisce il ristagno dei composti cancerogeni e inquinanti, respirati spesso di sera dagli abitanti della città. Si riportano i valori dei rilevamenti elettronici di anidride carbonica al fine di evidenziare i periodi in cui la concentrazione atmosferica è risultata superiori a 400 ppm. La soglia di sicurezza
fissata nell’ambiente esterno è di 350 ppm.

Si ricorda che le emissioni di CO2, qualora derivassero da bruciatura di stoppie, sarebbero inevitabilmente accompagnate da altri inquinanti ambientali, quali PM10 e PM2,5, CO e IPA (idrocarburi policiclici aromatici), cancerogeni diretti. Il reale pericolo per la salute dei cittadini deriva principalmente da questi composti e non solo dall’esposizione alla CO2.

Esistono alternative, per chi gestisce aziende agricole, alla bruciatura di residui vegetali? A riguardo si riporta un estratto dello studio “Efficacia ambientale dello Standard BCCA di condizionalità 2.1 “Gestione delle stoppie e dei residui colturali” e valutazione economica del differenziale di competitività a carico delle aziende agricole“, pubblicato su Italian Journal of Agronomy, nel 2015 (Ventrella et al., 2015)

“[…] l’interramento dei residui colturali può essere considerato una buona pratica agricola che non penalizza gli agricoltori dal punto di vista produttivo ed economico e al contempo contribuisce al mantenimento della fertilità e della biodiversità del suolo. Al contrario l’asportazione e la bruciatura dei residui comportano un mancato o un ridotto apporto di carbonio nel suolo. Non sono da trascurare altri fattori, quali una probabile riduzione della biodiversità e un aumento del rischio di incendi, di inquinamento atmosferico e incidenti stradali dovuti al fumo generato dalla bruciatura delle stoppie.”

METODI
Le rilevazioni delle concentrazioni di biossido di carbonio sono state eseguite con un sensore KKmoon LPW7729405585642PU [Intervallo di misurazione: 0 ~ 9999 ppm. Risoluzione: 1PPM. Precisione: ± 40PPM ± rdg10%. Intervallo di misurazione della temperatura: -20 ~ 60 ℃ (-4 ~ 140 ℉). Precisione della misurazione della temperatura: ± 1 ℃ (± 2 ℉). Risoluzione della temperatura: 0,01 ℃ / ℉. Intervallo di misurazione dell’umidità: 0 ~ 100% RH. Precisione della misurazione dell’umidità: ± 2% RH (20 ~ 80% RH). Risoluzione dell’umidità: 0,01% di umidità relativa. Intervallo di temperatura di lavoro: -10 ~ 60 ℃ (-14 ~ 140 ℉). Intervallo di umidità di lavoro: 0 ~ 99% di umidità relativa. Intervallo di temperatura di stoccaggio: -40 ~ 80 ℃ (-40 ~ 176 ℉)].
Sono state rilevate 3 concentrazioni giornaliere in 3 diverse fasce orarie nell’arco della giornata: 8:00-13:00 (1), 13.00-18:00 (2) e 18:00-23:00 (3).
Il sensore è stato collocato in luogo aperto, al riparo da pioggia e vento, per impedire la dispersione del gas analizzato e il danneggiamento dello strumento.
Il sensore è stato tenuto nel luogo di rilevamento per 15 minuti. Successivamente è stato messo in funzione e, una volta stabilizzatesi le condizioni di umidità e temperatura, è stato registrato il valore della concentrazione, con archiviazione della fotografia del monitor dello strumento.

Si allega immagine dello strumento e collocazione, sulla mappa topografica della città, del sito di rilevamento.


KKmoon LPW7729405585642PU
Punto di rilevamento delle concentrazioni di CO2 nell’ambiente urbano di Avellino.

RISULTATI

I risultati sono stati archiviati in un un database che può essere interrogato mediante lo specifico form al link:

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CONCLUSIONI

Dai risultati appare chiaro che i livelli di anidride carbonica siano più elevati nella fascia serale (18.00-23:00 (3)), soprattutto quando non piove e quando il traffico è fermo, a causa delle misure di restrizione per il contenimento del contagio da SARS-Cov-2. Il blocco del traffico e degli spostamenti inizia alle ore 22:00 e di sera si registrano i livelli più alti di CO2, soprattutto quando si avverte nell’aria intenso odore di fumo. Inoltre, si superano sempre i valori di 450 ppm, quando le centraline dell’ARPAC registrano gli sforamenti dei livelli di PM10 e PM2,5.

Se i livelli di CO2 registrati fossero costantemente elevati nella fascia serale, si potrebbe supporre che la principale sorgente di emissione siano i riscaldamenti domestici con camini e caldaie non conformi ai regolamenti comunali. Tuttavia si registrano picchi saltuariamente, in corrispondenza di intenso odore di fumo.

Escludendo questi fattori, la fonte principale risulta essere quella degli abbruciamenti abusivi nelle campagne, particolarmente intensi di sera, nei giorni in cui non vi sono precipitazioni atmosferiche. I livelli più alti si sono registrati nei giorni: 2/2 (489 ppm), 4/2 (492 ppm), 5/2 (490 ppm), 6/2 (496 ppm), 16/2 (491 ppm), 17/2 (500ppm), 18/2 (529 ppm).

Questa analisi ha lo scopo di descrivere l’andamento delle concentrazioni di anidride carbonica nell’ambiente urbano di Avellino, per monitorare gli innalzamenti del principale gas serra di origine antropica. Non si ha l’intenzione di creare allarmismi, quanto piuttosto di rendere l’intera comunità più consapevole delle conseguenze delle proprie attività sull’atmosfera e sulla salute dei cittadini e dell’ambiente.

Se si registrano innalzamenti dei livelli di CO2, le misure mitigative di questo fenomeno devono essere necessariamente rivolte verso il traffico veicolare e le emissioni degli impianti di riscaldamento domestico (qualora non fossero in regola con le ordinanze comunali), ma prima di tutto verso gli abbruciamenti di residui vegetali che liberano nell’aria non solo gas serra, ma anche idrocarburi policiclici aromatici e particolato, quindi inquinanti cancerogeni.

Ci si augura, con tale studio, di suscitare l’attenzione dell’amministrazione comunale e il senso di comunità dei cittadini e di sollecitare non solo i controlli sul traffico e sugli impianti di riscaldamento, ma anche sui roghi abusivi nelle campagne.

Si tratta solo di un unico punto di rilevamento in ambiente urbano, ma, in futuro, si auspica la creazione di una rete costante di monitoraggio che coinvolga più cittadini e volontari.

Come anticipato nell’introduzione, esistono alternative agli abbruciamenti, nell’ambito dello smaltimento dei residui colturali. La strategia per risolvere i problemi ambientali risiede nella capacità delle istituzioni di rendere i cittadini maggiormente consapevoli delle possibilità di mitigare l’impatto negativo delle attività economiche sull’ambiente e sull’intera comunità delle quale fanno parte.

Bibliografia:

  • Domenico Ventrella, Nino Virzì, Francesco Intrigliolo, Massimo Palumbo et al., Efficacia ambientale dello Standard BCCA di condizionalità 2.1 “Gestione delle stoppie e dei residui colturali” e valutazione economica del differenziale di competitività a carico delle aziende agricole, Italian Journal of Agronomy, 2015, 697.
  • Linee guida per la corretta gestione degli abbruciamenti agricoli, Assessorato ambiente, risorse naturali e corpo forestale, ARPA, Regione indipendente Valle D’ Aosta, agosto 2019.
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