Avellino – Verde urbano e difesa del paesaggio

Il taglio dei noccioleti in via De Gasperi (leggi), o quello dei platani in via Verdi (leggi), in viale Italia e nella Villa Comunale, rappresentano la conseguenza inevitabile di una politica amministrativa che ignora i principi fondamentali della riqualificazione e della valorizzazione della componente vegetale del territorio. Nelle politiche amministrative dovrebbero essere considerati, invece, i progetti mirati all’attenuazione dell’impatto delle emissioni di anidride carbonica sulla qualità dell’aria, programmi che prevedano, quindi, una maggiore presenza di alberi nei parchi e nelle aree verdi urbane e una loro manutenzione costante. Questi progetti dovrebbero ovviamente essere ideati e realizzati da esperti nel settore delle scienze ambientali e paesaggistiche, da gruppi qualificati di ingegneri ambientali, biologi, naturalisti, architetti e fitopatologi, non da assessori ai lavori pubblici o da politici improvvisati, che non hanno alcuna conoscenza della biodiversità tipica dei territori irpini. Il taglio degli alberi, al contrario, avrà come conseguenze una perdita di specie vegetali e animali nel territorio e un ulteriore peggioramento della già drammatica situazione delle emissioni di COin ambiente urbano. 

L’anidride carbonica è presente in natura nell’atmosfera e consente alla maggior parte della radiazione solare assorbita dalla superficie terrestre di non ritornare nelle profondità dello spazio. Attualmente, quando la radiazione solare di piccola lunghezza d’onda riscalda la superficie terrestre, questa emette nuovamente energia termica nell’atmosfera. Gran parte di questa energia, che si presenta come radiazione infrarossa di grande lunghezza d’onda con massimo d’intensità a 10.000 nm, viene assorbita dall’anidride carbonica presente nell’atmosfera. Mentre la CO2 si riscalda, la sua energia termica viene inviata a lunghezze d’onda ancora maggiori, circa la metà, verso la superficie terrestre. Per questo motivo, la CO2 forma una sorta di mantello isolante che lascia passare la radiazione solare ultravioletta di piccola lunghezza d’onda e la radiazione visibile (la luce), ma ritarda la perdita di calore sotto forma di radiazione infrarossa di maggiore lunghezza d’onda. La funzione della CO2 nell’atmosfera è detta ‘effetto serra’, perché agisce in base allo stesso principio per il quale il vetro di una serra riscalda l’ambiente sottostante.

Gas serra
Principali gas serra presenti nell’atmosfera terrestre.

Nel lontano passato, vi furono periodi in cui la concentrazione di CO2 nell’atmosfera era superiore a quella attuale, per cui anche la temperatura media della Terra era più alta. Durante la prima metà del Paleozoico, tra 500 e 350 milioni di anni fa, la concentrazione della CO2 era 10-15 volte quella attuale. Dopo alcune variazioni, la concentrazione è diminuita a un tasso costante nel corso degli ultimi 100 milioni di anni, passando da valori circa 5 volte quello attuale alla concentrazione odierna. Nell’arco di questo intervallo di tempo la Terra ha subìto un graduale raffreddamento che ha determinato un’espansione delle zone climatiche temperate e boreali ed è culminato nelle epoche glaciali dell’ultimo milione di anni. Riguardo al riscaldamento globale, il vero problema non consiste nel fatto che la temperatura della Terra non sia mai stata così alta, ma nella rapidità con cui avverranno questi cambiamenti climatici, al punto che i sistemi ecologici potrebbero non essere capaci di tenere il passo.

Ciclo biogeochimico del carbonio
Ciclo biogeochimico del carbonio

La concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera rappresenta un equilibrio fra i processi che addizionano CO2 e quelli che la sottraggono. Prima della rivoluzione industriale, l’immissione di CO2 nell’atmosfera ad opera della respirazione degli organismi terrestri era bilanciata dalla produzione primaria lorda della vegetazione terrestre, e la quantità totale di anidride carbonica nell’atmosfera era mantenuta a un livello di equilibrio. Durante gli ultimi 150 anni l’utilizzo dei combustibili fossili, la deforestazione e gli incendi boschivi hanno immesso nell’atmosfera quantità crescenti di CO2. Attualmente la deforestazione rappresenta l’immissione di 2 * 10 9 t di carbonio all’anno nell’atmosfera; l’impiego dei combustibili fossili rappresenta l’immissione di circa 5 * 10 9 t. Le attività umane hanno fatto aumentare l’afflusso di carbonio nell’atmosfera del 6%  – forse più, forse meno, a seconda dei valori numerici usati negli studi scientifici.

Carbonio presente nei diversi compartimenti biologici e idrogeologici terrestri

I boschi urbani possono essere definiti ‘pozzi di assorbimento di carbonio”, perché assolvono al difficile compito di contrastare i cambiamenti climatici. Essi rientrano nella definizione di ‘carbon sink’, cioè “attività, processi, o meccanismi di rimozione di biossido di carbonio (CO2) dall’atmosfera”, secondo le indicazioni dell’UNFCCC dell’ONU.

Attività antropiche e CO2
Attività antropiche e relativa produzione percentuale di anidride carbonica che viene rilasciata nell’atmosfera.

Il compito di smaltire grandi quantità di biossido di carbonio è svolto naturalmente dalla fotosintesi clorofilliana. Quindi, piantare e preservare parchi e boschi dalla deforestazioni e dagli incendi è uno dei metodi più efficaci ed economici per contrastare il cambiamento climatico. Si  calcola che un albero riesca ad assorbire ogni anno in media circa 10 kg di biossido di carbonio. Per questo motivo, il Protocollo di Kyoto, il trattato internazionale in materia ambientale, sostiene che la promozione dell’assorbimento forestale compensativo di CO2 sia la misura mitigativa più efficace per la la riduzione dei gas serra, unita alle politiche che mirano a incentivare la produzione di energia da fonti rinnovabili (sempre considerando le esigenze dei diversi territori urbani e rurali e la sostenibilità ambientale e paesaggistica).

Piante ed eliminazione del biossido di carbonio
Organicazione del carbonio nelle piante e nei tessuti vegetali

Oltre a questo aspetto, è da prendere in considerazione anche un altro effetto dell’eliminazione sconsiderata di alberi dall’ambiente urbano: l’impermeabilizzazione del suolo, definito anche soil sealing, o sigillatura del suolo. Secondo l’ARPA, infatti

Il consumo di suolo dovuto alla realizzazione di nuove aree residenziali, industriali e commerciali nonché di aree adibite a servizi, attività estrattive, strade, ferrovie ecc., rappresenta un serio problema a livello nazionale ed europeo che porta alla sigillatura (Soil sealing) o impermeabilizzazione dei suoli. Coprire un suolo per un lungo periodo con materiale impermeabilizzante significa uccidere la componente biotica che lo compone; in assenza della sua parte “viva” rimane solamente la parte minerale, morta. Una volta che sono venute a mancare le caratteristiche che rendono il suolo un elemento così chiave per gli ecosistemi, non è possibile recuperare facilmente ciò che si è perso (Casiraghi, 2010). La superficie disponibile per lo svolgimento delle funzioni del suolo diminuisce sensibilmente e con essa diminuisce anche la capacità, da parte del suolo, di assorbire l’acqua piovana per infiltrazione e di svolgere l’importante azione di filtro nei confronti delle sostanze inquinanti. Il paesaggio, inoltre, appare frammentato e gli spazi vitali ristretti o troppo isolati per continuare ad ospitare determinate specie animali e vegetali. La perdita di suolo e il cambio della sua destinazione d’uso, con conseguente perdita, modificazione e frammentazione degli habitat, sono riconosciute fra le principali minacce alla biodiversità, a livello di specie ed habitat, dalla Strategia Nazionale per la Biodiversità (2010).

 

La città di Avellino non ha dimenticato le scellerate politiche di “architettura urbana” – ammesso che così la si possa definire – che hanno portato, nel 2015, all’abbattimento del monumentale Cedrus deodara (nativo del versante occidentale dell’Himalaya), presente da più di sessant’anni in Piazza della Libertà.

Cedro di Piazza della LibertàCedro dell’Himalaya in Piazza della Libertà ad Avellino

Un albero, nella sua fierezza, nonostante le offese dei parassiti, degli agenti atmosferici o della siccità, resiste ad ogni insulto, rivelando una forza inaspettata: una silenziosa, tenace e persistente forza. La vita vegetale differisce da quella animale, e umana, solo per diversi ambiti di percezione e di espressione, ma non certo per complessità genetica.

Gli insulti subìti da una pianta possono essere intesi al pari di una malattia, in quanto si tratta di vere e proprie modificazione della condizione di omeostasi dell’organismo vegetale, ma la pianta è dotata di una serie di meccanismi di difesa assai articolati ed efficaci che spesso si rivelano sorprendentemente complessi. Osservando le modalità con cui gli alberi reagiscono alle offese avremmo molto da apprendere: è questo l’aspetto della stabilità naturale delle piante che dovremmo risvegliare nei nostri animi; è in questo aspetto che dovremmo riconoscerci.

Le nostre radici sono comuni e strapparle dal suolo vuol dire privarci di una stabilità e di una fierezza che, invece, proprio in questi tempi, dovremmo riconquistare.

Il regno vegetale, vivo e animato, seppur in forma diversa dalla nostra, non appartiene di certo a un livello di esistenza inferiore. La vita animale è contraddistinta dall’instabilità, dal movimento, mentre quella vegetale ha come fondamento la stabilità, l’altezza, l’elevazione, la capacità di innalzarsi fino a decine di metri. Un progetto urbanistico pensato senza un vero rispetto per forme viventi di tanto valore, non può che condurre alla distruzione di quello che, per secoli, la natura ha generato. Chissà – c’è da domandarsi – quali altri danni tali progetti potranno arrecare al nostro territorio, già straziato dall’inquinamento, dall’emergenza rifiuti, dall’eolico selvaggio e dalle probabili trivellazioni che potremmo essere costretti a subire.

Davvero vogliamo ancora tollerare questi oltraggi in modo silente e passivo?

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One thought on “Avellino – Verde urbano e difesa del paesaggio”

  1. Ottimo articolo , chiaro e documentato dal punto di vista scientifico e a proposito del povero CEDRO…pieno di ragioni e di passione……’maledetto sia’ chi ha voluto eliminarlo…e chi ha creato…sicuramente per incompetenza ed interesse personale….una piazza oscena…..Soltanto risistemando l’assetto precedente…e risparmiando circa 2 milioni ( discorso Galleria a parte…)…si poteva : procedere a manutenzione strade e marciapiedi, eliminazione verde selvatico, manutenzione e sistemazione Villa Comunale, piantumazione di nuovi alberi a Viale Italia ( per riempire i ‘buchi’, dei poveri Platani ), con Abeti, Pini, Tigli….Piantumazione nella strada più brutta, rumorosa e trafficata , cioè Via Colombo, di 2 filari di Alberi…(.cosa che andava fatta a suo tempo , ma a quel ‘tempo’ , i cosiddetti amministratori erano dediti a ‘mangiare’…) che la ingentilirebbero , rendendola …più ..’ecologica’… ( vedi Via Cavour)…Affrontare il discorso delle strutture …abbandonate vedi Osp. Moscati, Mercatone, Cinema Eliseo….etc…….

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