Propaganda e cellule germinali

“|…| la propaganda passa per le cellule germinali, la parola lambisce le gonadi, non ci sono dubbi, è un fatto, il più elementare e spietato, della natura che l’attività cerebrale esercita influssi sulle qualità del plasma germinale |…|”

(Gottfried Benn, Der Neue Staat und die Intellektuellen, 1933)

La biologia moderna, sostenuta dai fragili presupposti della fisiologia, ha sempre posto come suo principio fondativo la divisione tra mente e corpo, imbattendosi spesso nella necessità di spiegare il ‘problema’ della comprensione, da parte della mente, del mondo fisico e delle sue leggi e dinamiche. Al contrario, la questione potrebbe essere risolta grazie ai fenomeni di neuroplasticità secondo i quali, attraverso l’esperienza, quindi l’interazione con l’ambiente, il cervello adatta le proprie connessioni sinaptiche, creando al suo interno delle strutture cognitive appropriate (generate quindi sulla base delle necessità di relazionarsi al mondo esterno). Queste strutture si rivelano poi adatte a descrivere il paesaggio stesso che le ha formate. Si può dire che è l’esperienza dell’esterno a plasmare la nostra mente, conferendo ad essa la capacità di “comprendere” la realtà stessa. 

Reti neurali e neuroplasticità

La neuroplasticità ha quindi determinato un cambiamento nella dicotomia tra mente e corpo, dimostrando come le pressioni che agiscono dall’esterno sull’individuo possano provocare delle modifiche strutturali dei neuroni, che sono gli elementi costitutivi e attivi del sistema nervoso, quelli che elaborano, decodificano e trasmettono lo stimolo  alle diverse aree dell’encefalo. Perfino gli studi di fisiologia hanno registrato cambiamenti di alcune strutture come l’ippocampo, l’amigdala, la corteccia prefrontale, in seguito all’esposizione a esperienze ben definite. Uno studio del 2006 (Maguire et al.) ha dimostrato che, dopo anni di osservazione e apprendimento dell’urbanistica della città di Londra, nei tassisti si poteva vedere uno sviluppo maggiore dell’ippocampo, quindi delle aree dedicate alla codifica mnemonica delle informazioni spaziali.

Oltre alla plasticità cerebrale, esiste anche la plasticità neuronale, ma soprattutto quella sinaptica, che riguarda i fenomeni di modificazione della struttura dei neuroni, dendriti e assoni compresi, o della struttura delle reti di neuroni.  Quest’ultimo tipo di plasticità si verifica con i processi di apprendimento e memorizzazione: ripetere più volte una determinata attività o una determinata lezione porta ad un rafforzamento e a un consolidamento dei circuiti neuronali connessi a questa attività. È evidente, quindi, che anche una continua esposizione ad alcuni concetti o termini utilizzati in maniera quasi ossessiva nella propaganda mediatica determini questo tipo di modifiche delle sinapsi e delle aree cerebrali.

Codice genetico

Aggiungiamo poi, a questo, il discorso dell’epigenetica, ramo della genetica che studia i fenomeni di attivazione del DNA che non comportano effettive mutazioni permanenti del codice genetico. I genitori trasmettono ai figli delle informazioni aggiuntive rispetto al semplice codice genetico. Uno studio pubblicato su “Science” da alcuni ricercatori del Max-Planck-Institut per l’immunobiologia e l’epigenetica a Friburgo, in Germania, ha mostrato prove del fatto che anche le istruzioni epigenetiche sono trasmesse alla prole: esse sono capaci di regolare l’espressione dei geni senza che venga alterata la sequenza del DNA. Appare anche chiaro, da questo studio, che la memoria epigenetica sia anche essenziale per lo sviluppo e per la sopravvivenza delle nuove generazioni. Fino a pochi anni fa si credeva che tutte le modifiche epigenetiche venissero annullate al momento dello sviluppo dello spermatozoo e della cellula uovo. Appare chiaro che non è così. “Gli studi epidemiologici hanno mostrato una connessione tra aumento di assunzione di cibo di un soggetto e un maggior rischio di diabete e di malattie cardiovascolari nei suoi nipoti”, spiega Nicola Iovino, coautore dello studio. “Da allora, vari studi hanno suggerito l’ipotesi di una ereditarietà epigenetica in diversi organismi, ma gli esatti meccanismi con cui opera erano sconosciuti”. Iovino e colleghi hanno esaminato la trasmissione epigenetica del moscerino della frutta (Drosophila melanogaster): il gruppo ha studiato una modifica chiamata H3K27me3, associata alla inattivazione dell’espressione dei geni. H3K27me3 si può trovare anche negli esseri umani e ha la funzione di alterare la sistemazione del materiale genetico (della cromatina) nel nucleo delle cellule. 

Il risultato più rilevante del nostro studio è aver documentato che le modifiche H3K27me3 che contrassegnavano la cromatina erano ancora presenti negli embrioni dopo la fecondazione, anche se altri marcatori epigenetici erano stati cancellati”, ha aggiunto Fides Zenk, primo autore dell’articolo. “Ciò indica che i genitori passano almeno parte dei loro marcatori epigenetici alla prole”.

Ci sono stati anche altri studi: si è potuto verificare che i nostri comportamenti potrebbero essere influenzati da eventi accaduti in passato ai nostri antenati e che ci sono stati tramandati con una sorta di “memoria genetica”. I ricordi si possono trasmettere ai figli impressi sul Dna e influenzare lo sviluppo cerebrale ei comportamenti delle generazioni successive.

È quanto suggerito anche da uno studio su cavie pubblicato sulla rivista Nature Neuroscience da un gruppo di scienziati della Emory University di Atlanta. Il loro esperimento fornisce un’evidenza del fenomeno della cosiddetta “eredità epigenetica transgenerazionale”, con cui l’ambiente esterno influenza la genetica di un individuo (ne modifica il Dna) rendendola ereditaria.

I ricercatori hanno addestrato dei topi per evitare un certo odore e hanno osservato che anche i nipoti di questi roditori continuavano a evitare lo stesso odore, seppur non addestrati a farlo. In altre parole, l’addestramento dei nonni si era impresso sul DNA dello sperma e il comportamento derivante da esso era stato trasmesso alle generazioni successive.

Bisogna sottolineare che l’individuo dotato di tutti i vantaggi derivanti dall’aver ereditato una memoria genetica dai suoi antenati (vissuti in un ambiente specifico, connotato da elementi capaci di provocare i processi di adattamento neuronale), se “delocalizzato” presenterà un notevole svantaggio, in quanto il patrimonio ereditato rappresenterà di fatto un ostacolo alle sue necessità di interagire con il nuovo ambiente. Non essendo il cervello una “tabula rasa”, ciò che per gli individui radicati costituisce un vantaggio, per gli sradicati è uno svantaggio, che potrà essere colmato solo attraverso le generazioni successive. 

Si comprende facilmente come una massa composta da individui sradicati abbia una situazione eccezionale di “parità” tra gli individui, tutti privi di vantaggi, ma adattativamente più deboli. 

***

Se la scoperta dei fenomeni di neurogenesi, nel SNC degli adulti, e di neuroplasticità ha determinato un cambiamento del rapporto tra mente e corpo, l’epigenetica ha cambiato il modello sul quale si basa tutta la biologia molecolare. Il dogma centrale asserisce che il flusso di informazioni ereditarie sia lineare e unidirezionale e che si trasmetta dal DNA, all’RNA e poi agli amminoacidi che formano le proteine. L’informazione va dal genotipo al fenotipo, che si manifesta con la composizione amminoacidica, e quindi proteica, dell’organismo. Stando alle ultime scoperte molecolari, l’informazione sembra essere, invece, bidirezionale, se non addirittura ciclica, in quanto sono stati studiati meccanismi enzimatici che vanno a selezionare attivamente le porzioni di DNA che devono essere trascritte e che devono portare alla formazione di determinati amminoacidi. Si passa quindi a un sistema complesso in cui il fenotipo dialoga in modo dinamico con l’ambiente e, contemporaneamente, anche con le informazioni codificate nel DNA. Le proteine generate dall’informazione genetica agiscono proprio sul DNA regolandone l’attivazione,  l’azione e l’espressione, quindi la trascrizione e la traduzione. Sono gli enzimi (particolari proteine) che si legano al DNA e regolano questi processi cellulari.

Inoltre, le proteine strutturali dell’organismo determinano la sua interazione con l’ambiente e determinano, quindi, anche  i fenomeni epigenetici, che derivano da questa interazione, e anche l’espressione del DNA. Durante la gestazione lo sviluppo del feto è deciso da questi fenomeni epigenetici e da segnali di induzione che determinano lo sviluppo di organi e apparati (la morfogenesi e l’organogenesi embrionali). 

In aggiunta a questo, anche il sistema ormonale è sottoposto alle pressioni esterne, sia in termini di stress ambientale sia in termini di stimoli ambientali. Il sistema degli ormoni umani riguarda la trasmissione dei segnali tra le cellule, a distanza. L’ormone, che, secondo il significato etimologico, “mette in movimento” è un messaggero chimico con il compito di modulare il metabolismo e l’attività di cellule, tessuti e organi dell’organismo stesso. Esso determina una cascata di segnali e di risposte sugli organi. Anche tutto l’apparato riproduttivo è sotto il controllo ormonale, quindi anche la formazione dei gameti sotto il controllo degli ormoni sessuali, a loro volta influenzati da quelli ipofisari e ipotalamici (mediante il sistema di comunicazione dell’asse ipotalamo – ipofisi – gonadi, per il rilascio degli ormoni sessuali).

I gameti vengono generati nelle gonadi (più frequentemente nei maschi e meno nelle femmine), maturano e vengono esposti alla possibilità della fecondazione. Si può dire che il plasma germinale – espressione del biologo tedesco  A. Weismann (1834-1914), che studiava la trasmissione delle caratteristiche morfologiche e fisiologiche dell’individuo – sia sottoposto all’influenza degli stimoli ambientali, anche psicologici e neurali. Quindi anche del linguaggio dei mezzi di propaganda, che si riflette sull’organismo mediante fattori neurotrofici e trasmissione ormonale. Quello che ascoltiamo – riceviamo – modella i nostri circuiti nervosi, le strutture del nostro cervello, si riflette sul sistema ormonale (e anche sul sistema immunitario) e sulle nostre cellule germinali e quindi sui gameti. Le emozioni modulano la produzione degli ormoni che va ad agire su tutti gli organi e sistemi.

Interazione tra informazioni esterne e sistema nervoso

Si può asserire che vi sia un canale di comunicazione aperto tra informazioni esterne, sistema nervoso, sistema ormonale (quindi organismo inteso nella sua interezza) e apparato riproduttivo. E’ perciò lecito pensare che questo canale venga percorso e utilizzato per trasmettere un messaggio nelle generazioni, mediante le leggi dell’ereditarietà.

Il DNA è una serie vastissima di istruzioni, l’epigenetica definisce quali di queste debbano essere eseguite. Per il comportamento, però, tutto questo sistema è molto più complesso e aperto, perché esso non è definito da singole informazioni, ma da tante azioni combinate insieme. Il canale di trasmissione (su base epigenetica e ormonale) è aperto e può servire da strumento sia a chi voglia imporre un condizionamento che si trasmetta nelle generazioni e sia a chi voglia imporre una particolare forma ai gameti e quindi agli embrioni. Tuttavia potrebbe anche servire a chi voglia, invece, con questa modalità, custodire, nelle generazioni, una sorta di eredità più nascosta e una forma ben custodita nel tempo. 

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